HISTOIRE D'O, parte seconda (1984)

 

Un decennio dopo l'esordio Madame "O" ritorna sul luogo del delitto (la sala cinematografica) con questo Histoire d'O, ritorno a Roissy (Domovideo). E curiosamente, al pari del primo, anche questo secondo capitolo risulta completamente imbevuto degli umori e delle tendenze sociali caratterizzanti il momento dell'uscita nei cinema. Come il primo film rispecchiava, nel bene e nel male, la spinta all'autocoscienza e alla liberta' dalle convenzioni che certe frange intellettuali ricevettero in eredita' dal '68, cosi' quest'opera rielabora la vicenda nell'ottica deteriore dello yuppismo imperante alla meta' degli anni '80.
Con sforzo creativo davvero minimo "O" e' stata reinventata come dinamica capitana d'industria di una holding del "sesso raffinato" stipendiata da multinazionali senza scrupoli allo scopo di distruggere gruppi rivali mediante scandali e ricatti. La suggestiva e barocca tenuta di Roissy si e' trasformata in una sorta di discoteca con tanto di palcoscenico, piattaforma girevole, luci colorate e decorazioni surreali, mentre le ancelle ivi residenti sembrano mannequins in attesa della sfilata in passerella..
Il personaggio di "O", gia' scarsamente motivato nell'exploit precedente, assume qui uno spessore di carta velina relegando le pulsioni sadomasochistiche ad un annoiato passatempo con cui riempire le pause tra speculazioni in borsa e riunioni con alti papaveri.
La supposta superiorita' sessuale di "O" viene perlopiu' estrinsecata in saccenti sentenze da Grillo Parlante cariche di involontaria comicita' come quando, disquisendo delle fanciulle vergini, la nostra eroina afferma di saperle riconoscere a naso, per via di "quel profumo asprigno, come di frutto acerbo".
L'attrice Sandra Wey, pur affascinante e volenterosa, fa rimpiangere cento volte la precedente Corinne Clery, anche se un raffronto diretto non e' proponibile data la differenza d'impostazione del personaggio.
Il resto del cast, composto da perfetti sconosciuti, fa del suo meglio per cercare di dar senso ad una vicenda che avra' probabilmente lasciato interdetti tanto loro quanto gli spettatori.
Volendo essere clementi si potrebbero cercare scusanti ad un tale disastro nelle vicissitudini di produzione del film, iniziato da Julien Temple (il regista-culto di The Great Rock'n Roll Swindle) e portato a termine, dopo una serie di litigi sul set e un indignato abbandono, da Eric Rochat, gia' produttore del primo Histoire d'O e teorico titolare della poco invidiabile paternita' della presente opera.
Non mancano sequenze azzeccate e di un certo impatto, specialmente nel corso della festa finale con arredi e scenografie "viventi" in perfetto stile Stanton; il montaggio nervoso e preciso inoltre fa si che l'attenzione non crolli dopo i primi cinque minuti, ma nel complesso questa seconda fatica di "O" resta un totale fallimento.
A pensarci bene mi pare che ormai i tempi siano buoni per un nuovo episodio... chissa', ve l'immaginate "O" paladina dell'integrazione e della tolleranza, oppure impegnata a favorire l'Unione Europea a suon di frustate?!?

 

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