GUALTIERO JACOPETTI:


l'occhio selvaggio


Trattare di Gualtiero Jacopetti, personaggio particolare e piuttosto "scomodo" della cinematografia nazionale e' un po' difficile, data la fama di fascista che lo ha sempre accompagnato e che ha influenzato non poco la critica e il pubblico.
Eppure se il cinema e' come e' oggi, e come e' stato nelle ultime tre decadi, una parte di merito (o di biasimo) va anche a lui e al suo MONDO CANE del 1961.
Realizzato assieme al fido Franco Prosperi MONDO CANE, documentario girato con largo dispiego di mezzi nei quattro angoli del mondo, pietrifico' le ancor poco smaliziate platee dell'epoca con una serie di reportages assolutamente scioccanti sugli aspetti piu' morbosi e segreti di usi e tradizioni popolari.
Tutte le bizzarrie e le atrocita' che fino ad allora erano state trattate in forma narrativa da inviati e viaggiatori sfilavano per la prima volta nell'imponenza del Cinemascope davanti agli occhi allibiti degli spettatori, impietosamente perfette nei dettagli e nei colori, accompagnate da un'ispirata (e premiata) colonna sonora di Riz Ortolani.
Per diverso tempo prolifico' una sorta di consorteria, di Carboneria che riuniva quelli che "l'avevano visto", e non di rado durante le riunioni familiari domenicali (era, ripeto, l'Italia dei primi anni '60) capitava che circospetti gruppetti di adulti, allontanandosi dalle orecchie innocenti dei bambini, discutessero sommessamente di quanto fosse piu' disgustoso il mangiare formiche che non cani...
L'enorme successo immediato, nonostante le quasi unanimi indignate recensioni, convinse produttori e registi che il pubblico voleva sangue e cosi', mentre negli anni a seguire il numero dei film con la parola MONDO nel titolo cresceva a dismisura, altri generi cinematografici premevano il pedale del gore (Blood Feast e' del '63, Per un Pugno di Dollari del '64).
Tutto il clamore suscitato da MONDO CANE e, in misura minore, dai seguenti LA DONNA NEL MONDO, MONDO CANE 2, AFRICA ADDIO e ADDIO ZIO TOM ha purtroppo messo in ombra la notevole abilita' tecnica di Jacopetti, soprattutto per quel che riguarda la cadenza veloce delle inquadrature (molto "moderna" per l'epoca) e la frequente interazione tra musica e immagine che raggiunge momenti di frenesia da videoclip.
Fascista, dicevo, ma fascista sui generis, probabilmente tanto imbarazzante lui per la destra quanto lo e' stato Pasolini per la sinistra in quegli anni. E se certe sparate politiche e colonialistiche presenti nei MONDO CANE e in AFRICA ADDIO avranno sicuramente acceso entusiasmi nel pubblico piu' nostalgico, gli altrettanto frequenti sberleffi rivolti alla ricca borghesia tutta te' e pasticcini e all'esercito saranno stati per quegli stessi spettatori piuttosto duri da inghiottire.
L'ultima opera di Gualtiero Jacopetti, MONDO CANDIDO (1974), si distacca in apparenza molto dal resto della sua produzione: per la prima volta infatti il regista si cimenta in una storia a soggetto, ispirata al CANDIDO di Voltaire. In una girandola di truci effetti speciali e simbologie piu' o meno ermetiche MONDO CANDIDO narra delle peregrinazioni del volterriano personaggio tra i mali e le meraviglie della societa' con un piglio che richiama alla mente di volta in volta Carmelo Bene, Jodorowsky e Fellini. Ma riconoscibilissimo, sotto i barocchismi della ricerca formale e i fremiti d'avanguardia non sempre convincenti, spicca lo stile rabbioso e inquieto del documentarista pronto in ogni momento a frenare di botto per catturare una fisionomia grottesca, un movimento improvviso di folla, uno sguardo en passant. L'attenzione meticolosa alle ambientazioni "on location", dalla Baviera a Israele, dall'Irlanda ai deserti rocciosi conferma altresi' l'approccio "mondo" con cui Jacopetti ha condotto la sua ultima regia.
Ma il mondo nel 1974 stava cambiando; la TV aveva ormai superato il cinema come mezzo di informazione e i cinegiornali avevano lasciato il posto alle diapositive pubblicitarie. E forse proprio guardando un telegiornale Jacopetti si e' accorto che il cinema non aveva piu' bisogno di lui. E si e' ritirato senza polemiche, dignitosamente, in silenzio.



Torna al Sommario