Ci si e' ormai talmente
abituati a considerare Pupi Avati il "poeta dell'intimismo padano" che nemmeno
le sue ultime opere, un thriller girato negli Stati Uniti e una sorta di horror
settecentesco, riescono piu' a scollargli di dosso la patente di "quello della
gita scolastica".Con l'opera seguente, Bordella (1976 Domovideo), Pupi Avati cambia il bersaglio della sua satira ma non ne diminuisce il tono. Ora e' la politica espansionista americana ad esser presa di mira nel personaggio di Harry (non Henry) Kissinger, grosso esponente politico USA, nemmeno tanto ipotetico, intenzionato ad avviare in Italia una catena di bordelli per signore. L'impianto del film, le trovate, le citazioni lasciano trasparire quelli che probabilmente sono stati i grandi amori cinematografici del regista: il Musical, Rocky Horror e perfino la serie di Francis il mulo parlante. Ma le mani sulla sceneggiatura cominciano ad essere un po' troppe (c'e' anche Maurizio Costanzo) e non tutte le gag filano liscie come si vorrebbe. Gli attori sono tutti in forma, dallo sfortunato Al Lettieri a Gigi Proietti, a Cavina, a un esordiente Christian De Sica quasi tollerabile grazie ad un ruolo particolarmente antipatico. Ma la sorpresa maggiore, per gli amanti del cinema B, e' data dalla presenza di George Eastman (l'italiano Luigi Montefiori, decano dei "cattivi" nei B-Movies nazionali), irriconoscibile senza la caratteristica barba, nella parte dell'ambiguo "puttano" Simbad.
L'impressione generale e' che il cast si sia divertito un mondo e di conseguenza il film sia un po' sfuggito di mano al regista.
In definitiva consiglio comunque caldamente la visione e la riscoperta di entrambe le opere del giovane Avati, anche per riflettere su come la cinematografia italiana abbia guadagnato un Tavernier ma abbia perso un Mel Brooks.
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